Una manciata di giorni e i Siciliani andranno a votare. C’è da augurarsi che non prevalga l’assenteismo, anche se possono esserci tutte le buone ragioni per non votare. Si è visto e si sta vedendo di tutto, in questa campagna elettorale alle ultime battute. Non si sono visti, però, programmi che tali veramente possano definirsi. Nel migliore dei casi, solo parole e parole (vuote) da parte dei candidati, tutti volti alla conquista di una poltrona nel Parlamento Siciliano.
Una campagna elettorale intrisa di veleni, dove è prevalsa la ricerca dello scheletro nell’armadio dell’avversario, dove non si è visto un impegno alla ricerca di un equilibrio possibile per potere governare una regione che sembra destinata allo sfascio totale.
Certo non manca la scelta, ma è difficile individuare il “migliore” nel tanto peggio. Ancora una volta probabilmente vinceranno le segreterie che attingono inesorabilmente, e a piene mani, alle speranze di migliaia e migliaia di disperati senza lavoro che sono costretti a credere ancora alle promesse.
Un dato di fatto emerge in maniera inconfutabile: le grandi somme che i candidati stanno spendendo per farsi pubblicità. Sono soldoni che valgono un investimento: una candidatura è un investimento.
C’è anche chi mette sul fuoco qualche idea che possa attirare nostalgici di un passato che non c’è stato – l’indipendenza della Sicilia -, convinto che il fenomeno degli Anni Quaranta possa ripetersi, dimenticando come fallì. È il caso di Gianfranco Miccichè, candidato alle prossime regionali con il movimento Grande Sud, che in un intervento a Siracusa ha messo in evidenza la possibilità di un referendum per l’indipendenza della regione siciliana: “Da Roma e Bruxelles dobbiamo ottenere tutto quello che serve per il nostro sviluppo. Se non lo otterremo potremo pensare alla possibilità di un referendum per l’indipendenza“. Miccichè quanto meno, nel contesto, ha tirato fuori il termine “sviluppo”.
Peccato: di sviluppo in Sicilia si parla dalla data (1946) della concessione dell’Autonomia Speciale, che oggi e da più parti è messa in discussione. L’Autonomia Speciale della Sicilia, un compromesso che da tempo è diventato scomodo, grazie a tutti i governanti ed ai politici (di qualsiasi colore) che hanno fatto del loro meglio per non applicarla.
Peccato: molta gente non andrà a votare e chi lo farà rinuncerà ad un diritto (almeno questo) acquisito che nessuno può togliere.
Una scelta al buio? Chi è consapevole si rende pienamente conto che il meno peggio, a seconda dei punti di vista, in casi estremi può essere una soluzione accettabile e comunque una scelta che annulli “al tutto peggio dico no!”.
Sa. Ba.